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La donazione timida

2022-04-26 10:58

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News, in evidenza,

La donazione timida

Non racconti una storia solo a te stesso. C'è sempre qualcun'altro. Anche quando non c'è nessuno. Margaret Eleanor Atwood     Avete presente l’Univers

 

 

 

Non racconti una storia solo a te stesso. C'è sempre qualcun'altro. Anche quando non c'è nessuno.

 

Margaret Eleanor Atwood

 

 

 

 

Avete presente l’Universo? Quell’ammasso infinito di pianeti e stelle e buchi neri?

Ecco, la verità è che esso è fatto di storie, non di atomi, come scriveva la poetessa Muriel Rukeyser. Basta alzare lo sguardo per osservare una trama ricamata con eventi, ambienti e personaggi capaci di suscitare emozioni e di sprigionare una forza tale da cambiare il mondo, seppur in piccole dosi.

 

La storia che La Penna di Etnos vuole raccontarvi oggi appartiene al progetto Open Food, di cui si sta parlando molto negli ultimi giorni. Una storia dai tratti delicati, disegnati da un semplice gesto in cui può essere racchiusa la vera essenza dell’umanità.

 

La protagonista è un’anziana signora dagli occhiali spessi, la cui montatura di colore rosso acceso entra in contrasto con il lieve pallore del viso, solcato dal tempo. Il suo nome, Angela, è di fantasia; non ha voluto far sapere la propria identità perché «Non voglio un riconoscimento ufficiale, mi basta aver donato quanto ho potuto e sapere che, nel mio piccolo, ho fatto del bene» ha detto a La Penna di Etnos.

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Una frotta di microfoni e telecamere ronzava all’interno di Equo Food, saltando da un’intervista all’altra, da brevi inquadrature a riprese più lunghe e dettagliate. Un via vai di gente fluiva, incuriosito dall’inaugurazione di Open Food, un progetto sociale di cui si parlava da giorni, tanto innovativo in una piccola cittadina della Sicilia da scatenare l’interesse dei media nazionali.

Angela osservava la scena da lontano, seduta sul muretto poco distante dal parcheggio, mentre il sole di metà aprile illuminava via Michele Amari; la borsa stretta in grembo e la testa in subbuglio: “Ancora cinque minuti ed entro anche io” pensò.

«Nonna, nonna, senti qua» le aveva detto Giancarlo, suo nipote, un pomeriggio in cui lui era andato a trovarla. «Con solo 1 euro puoi acquistare una porzione di cibo da Equo Food».

«Da chi?» aveva domandato lei, trascinando i piedi in soggiorno e reggendo il vassoio d’argento su cui tremolavano due tazzine di caffè.

«Quel locale che fa lavorare anche i disabili, nella piazzetta della statua di Padre Pio, sotto i porticati».

«Ah, sì, sì. Come un euro?». Angela aveva poggiato il vassoio sul tavolinetto basso e invitato Giancarlo a togliere i piedi da sopra con uno sguardo autorevole.

«In pratica,» aveva iniziato il nipote, scorrendo il pollice sullo schermo dell’IPhone come stesse per leggere, «la Cooperativa Sociale Etnos insieme alla Croce Rossa Italiana e ad altre cooperative vogliono eliminare le disuguaglianze economiche e far acquistare a tutti una porzione di cibo al costo di un euro in un luogo che non sia necessariamente classificato come mensa di povertà; ma, anzi,» aveva continuato, spostando il peso in avanti per afferrare la tazzina, «un fast food come un altro perché così tutti si possono sentire a proprio agio e non essere considerati poveri».

«Addirittura!».

«Già».

«E perché un euro soltanto?».

«Perché tutti possano permetterselo. Però, qui c’è scritto che se hai la possibilità puoi mettere qualcosa in più nel salvadanaio che hanno sul bancone». Giancarlo aveva mostrato lo schermo del telefono alla nonna, e lei aveva arricciato il naso cercando di sistemare gli occhiali; aveva stretto le palpebre e tentato di leggere.

Angela estrasse dalla borsa il portamonete e controllato quanto avesse a disposizione.

«Forza, Angela, di cosa ti vergogni?» bisbigliò tra sé e sé.

Il suono conciso di un clacson la interruppe: un furgone bianco posteggiò nello spiazzale di Equo Food, mentre un gruppo di divise rosse avanzava verso di esso.

I volontari della Croce Rossa di Caltanissetta iniziarono a scaricare dal furgone refrigerato casse di polistirolo contenenti cibo e dopo qualche minuto Angela vide diverse persone uscire con buste di plastica bianca strette nella mano.

La mattina era trascorsa all’insegna dell’attenzione mediatica e della solidarietà di una Caltanissetta pronta ad accogliere positivamente il nuovo progetto.

Via via i giornalisti e i cameramen sistemarono l’attrezzatura e ripartirono verso altri luoghi del mondo; il locale di Equo Food si svuotò sotto il sole cocente delle due del pomeriggio lasciando solo una donna esile, dai capelli corti corvino che sistemava il bancone e i tavoli.

«Buongiorno» disse Angela, varcando la soglia a piccoli passi.

«Buongiorno».

Angela sorrise osservando la maglietta che la donna indossava: “Io sono speciale… e tu?” c’era scritto.

«Vorrei una porzione di questo, e anche di cotolette con patate, per favore». Angela aveva gli occhi fissi contro il vetro del banco espositore e con l’indice tremante indicava il cibo che preferiva.

Conosceva la donna che le stava preparando le porzioni. Si chiamava Cinzia, e tutti avevano una parola benevola da spendere sul suo conto; tempo addietro era proprietaria di un locale, al centro di Caltanissetta, e lei era conosciuta per la sua grande dote di aiutare il prossimo, in particolare i disabili e gli immigrati. Quanti ne aveva aiutati? Tanti.

«Cinzia, giusto?».

«Sì». Occhi negli occhi, sorriso verso sorriso.

Le due donne si fecero complici.

«Ecco a lei signora. Ha preso due porzioni di cibo, sono due euro».

«Come due euro? Mio nipote viene spesso a pranzare qui e conosco i prezzi».

Cinzia, sorridendo ancora, le spiegò di Open Food, dell’enorme valore del progetto e prese a farle lo scontrino di due euro.

Angela si fece rosso in volto, abbassò lo sguardo e disse: «La prego, mi scusi, si riprenda le porzioni. Non voglio togliere la possibilità di mangiare a chi non ne ha».

«Tranquilla, signora. Il progetto è rivolto a tutti. Anzi, è proprio questa l’anima dell’iniziativa».

Angela sospirò, cacciò dal portamonete due euro e pagò.

Quando uscì il cuore le batteva veloce, la gola secca e un unico pensiero. Si diresse al tabaccaio più vicino e chiese una di quelle buste bianche che di solito si usano come biglietti d’auguri.

 

Alla sera quando Cinzia aprì nuovamente le porte di Equo Food al pubblico, dopo il riposo pomeridiano, trovò ai suoi piedi una busta bianca. Sul retro una frase: “Sì, è vero: voi siete speciali. Grazie per quel che fate alla nostra comunità. Un mio piccolo contributo”.

Cinzia sorrise, sfogliando le due banconote inserite all’interno della busta. Avanzò verso il bancone e le inserì nel salvadanaio delle donazioni; gli occhi lucidi di commozione.

 

Se anche tu sei testimone di una storia legata a Open Food, che sia tua o sia di qualcun altro, e vuoi raccontarla a La Penna di Etnos, scrivi a comunicazione@cooperativaetnos.it

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