Per psicomotricità si intende la scienza del movimento controllato che si realizza nell’organizzazione dello spazio. Lasciamo, tuttavia, le definizioni tecniche ai motori di ricerca e passiamo a un altro aspetto della psicomotricità, un aspetto che non sempre viene considerato ma che rappresenta una delle più alte forme di relazione sociale.
«La psicomotricità lavora attraverso il movimento» inizia Anna La Leggia, psicomotricista di Nonni Felici 4.0 da ormai quasi tre anni. «Inteso come mezzo con cui cominciare a intervenire, e non come fine ultimo».
Con l’avanzare dell’età è chiaro il visibile deterioramento fisico e cognitivo che colpisce la terza età, e, come i luoghi comuni vogliono, fin troppo spesso i nostri cari anziani vengono, per così dire, parcheggiati, limitandoli a una sedentarietà che sgualcisce il cuore e rende triste.
«Fare attività psicomotoria con gli anziani è importante per due motivi: evita l’isolamento e aiuta a conservare una buona forma fisica e l’autonomia essenziale nel quotidiano» continua Anna, spiegando come il programma di psicomotricità all’interno della casa di riposo preveda degli esercizi di mobilizzazione di base lenti, e ripetuti nel tempo, ovvero cinque giorni a settimana alternando mattina e pomeriggio insieme ad altre attività come, ad esempio, l’orientamento alla realtà consistente nella lettura di un quotidiano al fine di eliminare l’allontanamento dal mondo esterno ed essere più attivi nella vita.
I piccoli successi che i nostri nonnini ottengono rappresentano il raggiungimento di obiettivi specifici, nati per donare loro risposte positive: «La psicomotricità non è solo attività motoria, ma è anche stimolazione dei cinque sensi. Grazie a questo si risvegliano ricordi che i nostri nonnini accolgono con piacere».
Elemento fondamentale è l’empatia. Gli ospiti di Nonni Felici 4.0 devono avere fiducia in chi li guida; così facendo, grazie anche alla passione degli operatori, riescono a prendere consapevolezza che non sono oggetti in stato di decadimento, come spesso vengono considerati, bensì che sono perfettamente in grado di svolgere compiti.
«Ricordo che una nonnina, costretta a spostarsi con le stampelle, ha sempre usato la pedaliera da seduta. Un giorno, invece, mi ha detto: “Sai che voglio provare a salire sulla bicicletta?”. Per lei la bicicletta è la cyclette ed è abbastanza; eppure quando è riuscita a salire e a pedalare, anche un pochino, non faceva altro che dire “Ce l’ho fatta, ce l’ho fatta!”» racconta Anna, con occhi lucidi di commozione. «Lavorare con i nonnini è qualcosa di inspiegabile. Anche se dovessero avere dei momenti di sconforto, di frustrazione, tu sai che il giorno dopo ti viene restituito il doppio e nelle migliori delle forme».
Lavorare con gli anziani non è semplice, così come non è facile lavorare nel sociale. Devi amare ciò che fai; ogni giorno devi svegliarti ed essere consapevole che stai per toccare con mano cuori pulsanti di vita, storie ed esperienze che ti porterai dietro per sempre.
«La vita è movimento, e bisogna scoprirlo in tutte le sue sfumature» conclude Anna.