L’immensa catena di solidarietà che si è creata in seguito alla richiesta di donazioni, da parte di Cooperativa Sociale Etnos, per allestire La Casa di Josè con l’idea di destinarla temporaneamente all’accoglienza per i profughi del popolo ucraino, ha mostrato al mondo la vera umanità da cui è abitato. E non solo; ha fatto sì che venisse applicata la cosiddetta Teoria del dono, concetto di cui si parla poco e di fondamentale importanza per le organizzazioni non profit che, giorno dopo giorno, si impegnano a rappresentare un modello innovativo ed equo su cui la comunità possa contare, offrendo a essa l’opportunità di arricchirsi mediante un dare e avere dal sapore naturale.
Introdotta per la prima volta nel saggio del 1965 di Marcel Mauss, intitolato Essai sur le don – Forme et raison de l’échange dans les sociétés archaïques, la Teoria del dono si innesta nella società come instaurazione di relazioni basata su tre azioni principali: dare, avere e ricambiare.
È un meccanismo sociale che rafforza legami, approfondisce il senso di appartenenza intrinseco nell’uomo e accompagna una sottile forma di economia, che possiamo definire circolare, entro la cui sagoma si intravede una spontanea rigenerazione e, di conseguenza, sostenibilità.
È bastato un semplice post su Facebook con parole brevi e mirate, e in poco tempo è nato un movimento che, ancora adesso, a distanza di giorni, contribuisce a coltivare quella che possiamo chiamare cultura del dono.
Dai vestiti agli arredamenti, da giochi per bambini a generi di prima necessità, da oggettistica casalinga a prodotti di igiene personale, e anche piccole donazioni tracciate in denaro. La comunità di Caltanissetta si è mobilitata spalleggiando la Cooperativa Sociale Etnos e dimostrando come in un tempo egoista e violento come questo si possa fare la differenza scardinando quel pregiudizio che vuole il dono come strumento per ottenere un profitto personale.
L’atto di donare, lo scambio e la conseguente restituzione aiutano la società a fortificarsi, a intessere legami che, inconsciamente, aiutano l’individuo a impreziosire il proprio animo e a ricordargli che è plasmato sulla spontaneità dei gesti.
Per molte persone donare è semplicemente spontaneità.
D’altro canto, è doveroso sottolineare che la struttura che ospiterà i profughi del popolo ucraino sarà un rifugio temporaneo, poiché La Casa di Josè fa parte del progetto Dopo di noi, ideato per i ragazzi con disabilità dopo la dipartita dei loro genitori.